Per una Chiesa mistero
di comunione e di missione
Lettera dell’Arcivescovo
alla comunità diocesana e agli uomini di buona volontà
Carissimi presbiteri e diaconi,
religiosi e religiose,
fedeli laici cristiani,
uomini e donne di buona volontà
la Chiesa di Trani-Barletta-Bisceglie, sotto l’azione dello Spirito Santo, si pone in stato di discernimento accogliendo la Parola di Dio: Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese (Ap 3,22).
Dopo una lunga gestazione sotto l’azione dello Spirito Santo e confortato dal consenso dei Consigli consultivi, mi sono determinato a indire il Sinodo Diocesano Per una Chiesa mistero di comunione e missione.
L’ho annunciato nella Messa del Crisma il 5 aprile 2012. Con questa lettera vi comunico le motivazioni e vi illustro la natura e lo scopo del Sinodo.
I. Premesse
1. Crescere nella ecclesiologia di comunione professando la fede apostolica
La nostra condizione attuale appare, per molti versi, simile a quella dei cristiani di Colossi: Camminate nel Signore Gesù Cristo, come l’avete ricevuto, ben radicati e fondati in lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, abbondando nell’azione di grazie. Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo (Col 2,6-8). Paolo è preoccupato per il contesto culturale in cui i cristiani vivono; teme, cioè, che possano facilmente venire ingannati da nuove dottrine, da filosofie estranee al Vangelo e da idee false che potrebbero condurre ad una forma di sincretismo per cui si verrebbe ad annullare la genuinità del Vangelo. Il tono di quasi tutta la lettera è, dunque, quello di un invito a saper compiere uno spassionato discernimento tra ciò che è vero e ciò che è falso, tra ciò che porta frutto - perché è essenziale e rimane nel tempo - e ciò che, al contrario, è effimero e transitorio. Ci sono quattro espressioni che meritano di essere richiamate: camminate nel Signore, state saldi nella fede, abbondate nell’azione di grazie, badate che nessuno vi inganni.
Queste quattro regole indicano la dinamica del credere e manifestano le sue espressioni peculiari. La fede che professiamo è sempre compiuta con la Chiesa e nella Chiesa. La fede cristiana, che è l’identità stessa della Chiesa, va coltivata nell’Io credo e Noi crediamo. Io credo e Noi crediamo sono due facce della stessa medaglia che esprimono la verità della fede cristiana: un atto personale, ma partecipato. Presumere di professare la fede in prima persona, prescindendo dal fatto che la prima autentica professione di fede è compiuta dalla Chiesa, equivale a snaturare l’atto stesso del credere cristiano. La Chiesa non è solo contenuto della fede, è - in prima istanza - soggetto che crede al suo Signore e nella sequela fedele alla sua parola pone l’essenza della sua stessa esistenza.
La Chiesa, quindi, crede. È la sposa che professa la sua fede nel Dio di Gesù Cristo e con intensità attende il suo ritorno alla fine dei tempi. Attraverso i secoli, forte della testimonianza dei martiri, confessa che Gesù è il Signore e senza cedimenti opera perché il mondo accolga il suo Vangelo. Forte di una trasmissione viva che passa di generazione in generazione, essa confessa integro il deposito della fede e non permette che alcuno ne alteri il contenuto. La Chiesa, dunque, è la prima credente e trova in Maria l’icona perfetta del suo essere discepola del Signore. Compito primario della Chiesa è annunciare il Vangelo, cioè professare la fede pubblicamente ed il Vescovo è preposto ad essa per confermare nella fede. Questo compito il Vescovo lo svolge attraverso il suo ministero, coadiuvato dal presbiterio e diaconi, dai religiosi e religiose, dai fedeli laici cristiani, ad intra e ad extra della comunità cristiana, affidata al suo servizio, in comunione col Papa e il collegio dei Vescovi.
Modalità di governo del Vescovo
Ora, secondo la disciplina dell’azione pastorale tramandata dai secoli e fissata dal Concilio ecumenico Tridentino, compiti principali del Vescovo nel suo ministero sono il Sinodo e la Visita pastorale. Il diuturno lavoro deve sollecitare il Vescovo per preparare, ordinare ed eseguire questo doppio compito del suo ministero, applicandovi quelle modalità che sono richieste dalle nuove necessità della Chiesa in questo tempo (Congregazione per i Vescovi, Directorium de pastorali ministerio Episcoporum, nn. 162-165, Ed. Vat., 1973, pp.1407-1411).
L’esortazione apostolica post-sinodale Pastores gregis (2003) del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II sul Vescovo servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo, parlando dello stile del governo e comunione diocesana afferma: Vi è una sorta di circolarità tra quanto il Vescovo è chiamato a decidere con responsabilità personale per il bene della Chiesa affidata alla sua cura e l’apporto che i fedeli gli possono offrire attraverso gli organi consultivi, quali il Sinodo diocesano, il consiglio presbiterale, il consiglio episcopale, il consiglio pastorale. I Padri sinodali non hanno omesso di fare riferimento a queste modalità di esercizio del governo episcopale, mediante le quali si organizza l’azione pastorale nella Diocesi. La Chiesa particolare, infatti, non dice riferimento soltanto al triplice ministero episcopale (munus episcopale), ma anche alla triplice funzione profetica, sacerdotale e regale dell’intero popolo di Dio. Tutti i fedeli, in virtù del Battesimo, partecipano, nel modo ad essi proprio, al triplice munus di Cristo. La loro reale uguaglianza nella dignità e nell’agire fa sì che tutti siano chiamati a cooperare all’edificazione del Corpo di Cristo, quindi ad attuare la missione che Dio ha affidato alla Chiesa nel mondo, ciascuno secondo la propria condizione e i propri compiti (n.44).
II. Cos’è un Sinodo diocesano
2. Fonti del Magistero
Il Codice di Diritto Canonico ne parla ai canoni 460-468. Riporto il testo dei canoni in appendice.
Il Direttorio pastorale dei Vescovi così ne parla: Il Sinodo diocesano che il Vescovo indice e modera, e al quale sono convocati di diritto clero, religiosi e laici, è un’assemblea nella quale il Vescovo, avvalendosi di diversi gruppi della comunità diocesana, esercita in modo solenne l’ufficio e il ministero di pascere il gregge affidatogli, adottando leggi e norme della Chiesa alle circostanze locali, indicando vie e ragioni per il lavoro apostolico in diocesi, risolvendo difficoltà di apostolato e di governo, correggendo eventuali errori dottrinali e morali (Congregazione per i Vescovi, Direttorio del ministero pastorale dei Vescovi, 1973, n.163).
Della natura e finalità del Sinodo Diocesano ne parla la costituzione apostolica De Synodis dioecesanis agendis instructio del 19.III.1997. Riporto l’Introduzione sulla natura e la finalità del sinodo diocesano (cfr. Enchiridion Vaticanum, n.16, EDB, nn. 270-274, pp. 155-159): Il canone 460 descrive il sinodo diocesano come riunione (coetus) di sacerdoti e di altri fedeli della Chiesa particolare, scelti per prestare aiuto al Vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana.
La finalità del sinodo è quella di prestare aiuto al Vescovo nell’esercizio della funzione, che gli è propria, di guidare la comunità cristiana. Tale scopo determina il particolare ruolo da attribuire nel sinodo ai presbiteri, in quanto saggi collaboratori dell’ordine episcopale e suo aiuto e strumento, chiamati al servizio del popolo di Dio. Ma il sinodo offre anche al Vescovo l’occasione di chiamare a cooperare con lui, insieme ai sacerdoti, alcuni laici e religiosi scelti, come un modo peculiare di esercizio della responsabilità, che concerne tutti i fedeli, nell’edificazione del Corpo di Cristo.
Il Vescovo esercita, anche nello svolgimento del sinodo, l’ufficio di governare la Chiesa affidatagli: decide la convocazione, propone le questioni alla discussione sinodale, presiede le sessioni del sinodo; infine, quale unico legislatore, sottoscrive le dichiarazioni e i decreti e ne ordina la pubblicazione. Il sinodo è, in questo modo, contestualmente e inseparabilmente, atto di governo episcopale ed evento di comunione, esprimendo così quell’indole di comunione gerarchica che appartiene alla natura profonda della Chiesa. Il Popolo di Dio non è, infatti, un aggregato informe dei discepoli di Cristo, bensì una comunità sacerdotale, organicamente strutturata fin dall’origine conformemente alla volontà del suo Fondatore, che in ogni diocesi fa capo al Vescovo come principio visibile e fondamento dell’unità e unico suo rappresentante. Qualunque tentativo, quindi, di contrapporre il sinodo al Vescovo, in virtù di una pretesa rappresentanza del Popolo di Dio, è contrario all’autentica impostazione dei rapporti ecclesiali.
I sinodali sono chiamati a prestare aiuto al Vescovo diocesano formulando il loro parere o voto circa le questioni da lui proposte; tale voto è detto consultivo per significare che il Vescovo è libero di accogliere o meno le opinioni manifestate dai sinodali. Tuttavia, ciò non significa trascurarne l’importanza, quasi fosse una mera consulenza esterna, espressa da chi non ha alcuna responsabilità nell’esito finale del sinodo: con le loro esperienze e i loro consigli, i sinodali collaborano attivamente nell’elaborazione delle dichiarazioni e dei decreti, che verranno giustamente chiamati sinodali, dai quali il governo episcopale della diocesi ricaverà in futuro ispirazione. Da parte sua, il Vescovo dirige effettivamente le discussioni durante le sessioni sinodali e, da vero maestro della Chiesa, insegna e corregge quando occorre. Dopo aver sentito i membri, a lui spetta il compito di discernimento, e cioè di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono, nei confronti dei diversi pareri espressi. Sottoscrivendo, terminato il sinodo, le dichiarazioni e i decreti, il Vescovo impegna la sua autorità in tutto quanto in essi si insegna o si comanda. La potestà episcopale viene in questo modo attuata in conformità al suo significato autentico, e cioè non come imposizione di una volontà arbitraria, ma come un vero ministero, che comporta ascoltare i sudditi e chiamarli a cooperare alacremente con lui, nella comune ricerca di ciò che lo Spirito chiede nel momento presente alla Chiesa particolare.
Comunione e missione, in quanto aspetti inscindibili dell’unico fine dell’attività pastorale della Chiesa, costituiscono il bene di tutta la comunità diocesana che il can. 460 indica come scopo ultimo del sinodo. I lavori sinodali mirano a fomentare la comune adesione alla dottrina salvifica e a stimolare tutti i fedeli alla sequela di Cristo. Poiché la Chiesa è inviata al mondo ad annunziare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costituisce, il sinodo cura anche di favorire il dinamismo apostolico di tutte le energie ecclesiali sotto la guida dei legittimi Pastori. Nella convinzione che ogni rinnovamento comunionale e missionario ha come indispensabile premessa la santità dei ministri di Dio, non dovrà in esso mancare un vivo interessamento per il miglioramento del costume di vita e della formazione del clero e per lo stimolo delle vocazioni.
Il sinodo, quindi, non solo manifesta e attua la comunione diocesana, ma anche è chiamato a edificarla con le sue dichiarazioni e i suoi decreti. Occorre perciò che nei documenti sinodali venga operosamente accolto il Magistero universale e applicata la disciplina canonica alla diversità propria di quella determinata comunità cristiana. In effetti, il ministero del Successore di Pietro e il Collegio Episcopale non sono una istanza estranea alla Chiesa particolare, ma un elemento che appartiene dal di dentro alla sua stessa essenza ed è a fondamento della comunione diocesana.
In questo modo, il sinodo contribuisce anche a configurare la fisionomia pastorale della Chiesa particolare, dando continuità alla sua peculiare tradizione liturgica, spirituale e canonica. Il patrimonio giuridico locale e gli indirizzi che hanno guidato il governo pastorale sono in esso oggetto di accurato studio, al fine di aggiornare, ripristinare o completare eventuali lacune normative, di verificare il raggiungimento degli obiettivi pastorali già formulati e di proporre, con l’aiuto della grazia divina, nuovi orientamenti.
III. Il Sinodo Diocesano della nostra Arcidiocesi
3. Tempo opportuno
Nel mio servizio di governo episcopale, che ormai è giunto al 13° anno, mi sono avvalso del prezioso apporto degli organi consultivi del consiglio presbiterale, del consiglio episcopale, del consiglio pastorale. Dopo le due visite pastorali compiute nel primo decennio e la visita ad limina nel 2005, mi pare quanto mai opportuno, in vista anche di quanto il Signore vorrà chiedermi ancora a vantaggio della nostra diletta Arcidiocesi, chiedere l’apporto che i fedeli possono darmi attraverso il Sinodo diocesano.
Altri motivi forti sono il 50° anniversario dell’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II che il Santo Padre Benedetto XVI intende commemorare con l’indizione dell’Anno della fede che avrà inizio il 12 ottobre del corrente anno di grazia 2012; il 20° anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica; il Sinodo ordinario dei Vescovi sulla Nuova evangelizzazione che si terrà nel prossimo ottobre a Roma.
4. Per la nostra Arcidiocesi è il primo Sinodo diocesano
Son trascorsi 26 anni da quando con decreto della Congregazione per i Vescovi fu unificata la Chiesa arcidiocesana con il titolo di Trani-Barletta-Bisceglie e Nazareth. È quindi il 1° Sinodo diocesano che noi celebriamo.
5. Il titolo del Sinodo Per una Chiesa mistero di comunione e missione
Il titolo si riferisce alla natura e alla missione della Chiesa.
La Chiesa è nel suo essere mistero cioè è l’unione mirabile di Dio con il genere umano, nella persona del Verbo incarnato, Gesù Cristo nostro Signore. Nasce, pertanto, dall’Incarnazione del Verbo, è posseduta dallo Spirito Santo, ed è conforme alla volontà del Padre. Il Concilio Vaticano II afferma: Per una analogia, la Chiesa è paragonata al mistero del Verbo incarnato. Infatti, come la natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a lui indissolubilmente unito, così in modo non dissimile l’organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo (cfr. Ef 4,16) (LG 8).
La Chiesa è il Corpo mistico di Cristo e come tale è comunione. Così la descrive l’Apostolo Paolo: Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti (Ef 4,4-6).
Il Concilio Vaticano II così si esprime: In quel corpo la vita di Cristo si diffonde nei credenti che, attraverso i sacramenti si uniscono in modo arcano e reale a lui sofferente e glorioso. Per mezzo del battesimo siamo resi conformi a Cristo: Infatti noi tutti fummo battezzati in un solo Spirito per costituire un solo corpo (1Cor 12,13). Con questo sacro rito viene rappresentata e prodotta la nostra unione alla morte e resurrezione di Cristo: Fummo dunque sepolti con lui per l’immersione a figura della morte; ma se, fummo innestati a lui in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una resurrezione simile alla sua (Rm 6,4-5). Partecipando realmente del corpo del Signore nella frazione del pane eucaristico, siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi: Perché c’è un solo pane, noi tutti non formiamo che un solo corpo, partecipando noi tutti di uno stesso pane (1Cor 10,17). Così noi tutti diventiamo membri di quel corpo (cfr. 1Cor 12,27), e siamo membri gli uni degli altri (Rm 12,5). Ma come tutte le membra del corpo umano, anche se numerose, non formano che un solo corpo così i fedeli in Cristo (cfr. 1Cor 12,12). Anche nella struttura del corpo mistico di Cristo vige una diversità di membri e di uffici. Uno è lo Spirito, il quale per l’utilità della Chiesa distribuisce la varietà dei suoi doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei ministeri (cfr. 1Cor 12,1-11). Fra questi doni eccelle quello degli apostoli, alla cui autorità lo stesso Spirito sottomette anche i carismatici (cfr. 1Cor 14). Lo Spirito, unificando il corpo con la sua virtù e con l’interna connessione dei membri, produce e stimola la carità tra i fedeli. E quindi se un membro soffre, soffrono con esso tutte le altre membra; se un membro è onorato, ne gioiscono con esso tutte le altre membra (cfr. 1Cor 12,26). Capo di questo corpo è Cristo. Egli è l’immagine dell’invisibile Dio, e in lui tutto è stato creato. Egli è anteriore a tutti, e tutte le cose sussistono in lui. È il capo del corpo, che è la Chiesa. È il principio, il primo nato di tra i morti, affinché abbia il primato in tutto (cfr. Col 1,15-18). Con la grandezza della sua potenza domina sulle cose celesti e terrestri, e con la sua perfezione e azione sovrana riempie delle ricchezze della sua gloria tutto il suo corpo (cfr. Ef 1,18-23) (LG 7b).
La Chiesa è per sua natura missionaria così come dice Gesù Cristo che l’ha fondata: Non spetta a voi conoscere tempi e momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra (At 1,7-8). Dice il Concilio Vaticano II: La Chiesa non è mossa da alcuna ambizione terrena; essa mira solo a questo: a continuare sotto la guida dello Spirito Paraclito, l’opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito. Per svolgere questo compito, è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in un modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto (Gaudium et spes 3-4). La missione della Chiesa, come si nota, è mantenere fede a quanto ha ricevuto dal suo Signore: essere capace di trasmetterlo con un annuncio che giunga a tutti, senza distinzione alcuna, perché il contenuto del suo messaggio consiste nella verità sull’esistenza personale. Una verità non desunta dall’esperienza personale, ma recata e fatta conoscere per via di rivelazione da parte del Figlio di Dio. Questa dimensione che sembra ovvia, costituisce l’espressione fondativa della missione della Chiesa. Senza la missione non c’è Chiesa, ma la missione è annuncio di una verità che è stata consegnata sotto la responsabilità di mantenerla dinamicamente integra fino alla fine dei tempi. La trasmissione della fede si pone oggi in un contesto del tutto peculiare che impone di considerare le nuove grandi sfide che al momento del Vaticano II non avevano ancora mostrato il loro vero volto. Il progressivo primato che sta assumendo la tecnologia con la conseguente formazione di una cultura postmoderna, che evidenzia nei suoi primi tratti negativi la frammentarietà del sapere e obbliga a trovare nuove vie perché anche oggi, in primo luogo ai credenti, vengano fornite le ragioni della fede.
La nostra Chiesa diocesana, sintonizzandosi con le altre diocesi d’Italia (CEI), sotto lo stimolo pastorale del primo decennio (2000-2010) Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia e sotto lo stimolo pastorale del secondo decennio (2010-2020) Educare alla vita buona del Vangelo, si è impegnata nella pastorale missionaria ad intra e ad extra di ciascuna parrocchia e di tutte le parrocchie insieme, animate dalla presenza dei religiosi e religiose, dagli ordini religiosi secolari, dai Pii sodalizi confraternali, dalle associazioni e dai movimenti ecclesiali. Per cui il tema del Sinodo è un’ulteriore stimolo pastorale per Crescere in Gesù Cristo (cfr. Ef 4,16) secondo quanto proponevo all’inizio del mio ministero episcopale con la lettera pastorale Ut crescamus in Illo.
6. Preparazione del Sinodo
Perché il Sinodo venga attuato secondo il diritto e possa veramente giovare al progresso delle comunità c’è un regolamento con cui si dispongono le cose da trattare; ma si richiede anche sollecitare l’interesse nella coscienza dei fedeli con idonea informazione. E qui i primi comunicatori sono i parroci e i sacerdoti, aiutati dai diaconi e dei responsabili delle 12 commissioni pastorali diocesane. Il Vescovo costituirà le Commissioni preparatorie, formate non solo dal clero diocesano, ma anche da religiosi/e e laici opportunamente scelti. Il loro scopo è quello di studiare quanto verrà proposto al Sinodo, tenendo presente i vari aspetti teologici, liturgici, giuridici, socio-caritativi, apostolici, spirituali delle singole questioni. Dovranno inoltre formulare schemi di decreti, di voti e di consulti che il Vescovo, con il Consiglio Presbiterale e con quello Pastorale, se lo riterrà opportuno, prenderà in considerazione e stabilirà di proporre all’intero Sinodo radunato (cfr. Direttorio del ministero pastorale dei Vescovi, 1973, n.164).
Da gennaio a giugno 2013 si darà ai fedeli la necessaria informazione circa la natura, gli obiettivi, il metodo di lavoro del Sinodo e si creeranno le strutture parrocchiali e zonali per il suo svolgimento.
7. Svolgimento del Sinodo
Il lavoro sinodale vero e proprio inizierà col mese di settembre 2013 e si svolgerà nell’arco di un triennio, in tre fasi consecutive:
1ª fase – Anno pastorale 2013/2014: La Chiesa si mette in ascolto, per osservare e discernere la situazione sociale, culturale e religiosa del territorio e la situazione pastorale della nostra Chiesa diocesana.
2ª fase – Anno pastorale 2014/2015: La Chiesa riscopre la sua identità. Per questo si impegna a valutare e a progettare il suo modo di essere Chiesa nell’attuale contesto sociale, culturale e religioso del territorio.
3ª fase – Anno pastorale 2015/2016: La Chiesa annuncia il Vangelo ed educa alla vita buona del Vangelo. Per questo sceglie e decide gli orientamenti pastorali e le indicazioni operative per rispondere ai problemi nodali individuati nella prima fase.
8. Modalità di svolgimento
Nel primo anno (2013-2014) i cristiani – all’interno delle parrocchie – saranno invitati a prendere coscienza della situazione socio-culturale, religiosa e pastorale del territorio e a fare il necessario discernimento. La Commissione preparatoria, coadiuvata dalla Segreteria Generale, predisporrà gli strumenti di riflessione necessari per tale discernimento. Nelle settimane di marzo 2014 si terranno le Assemblee zonali per riassumere le riflessioni dei cristiani e di tutte le persone di buona volontà, fatte nelle parrocchie. In maggio i sacerdoti ed i rappresentanti religiosi e laici, eletti dalle parrocchie in base alle indicazioni del CDC, si riuniranno nella 1^ Assemblea diocesana per individuare, alla luce delle riflessioni fatte nelle Assemblee zonali, i problemi attorno a cui concentrare il discernimento e la progettazione pastorale. Per ciascun problema si costituirà una Commissione sinodale. Le Commissioni sinodali elaboreranno gli strumenti necessari per i aiutare i cristiani a svolgere il discernimento.
Nel secondo anno (2014-2015) i cristiani saranno chiamati – all’interno di ciascuna parrocchia – a individuare le risposte da dare ai problemi nodali emersi nella prima Assemblea diocesana, limitandosi a definire l’identità che la Chiesa deve assumere di fronte ad essi. In Quaresima si terranno le Assemblee zonali per riassumere le riflessioni dei cristiani e di tutte le persone di buona volontà, fatte nelle parrocchie. Quindi le commissioni sinodali raccoglieranno le riflessioni emerse nelle Assemblee zonali e, alla luce di quelle riflessioni, stenderanno una prima bozza di orientamenti pastorali e di dichiarazioni operative, per edificare una Chiesa capace di attuare efficacemente la sua missione evangelizzatrice. I sinodali – tutti i presbiteri, religiosi/e, laici eletti – riuniti nella 2^ Assemblea diocesana, esamineranno quegli orientamenti pastorali e quelle indicazioni pratiche, le sottoporranno a votazione e le consegneranno all’Arcivescovo.
Nel terzo anno (2015-2016) i cristiani saranno chiamati ad esaminare nelle parrocchie i problemi emersi nel 1° anno del Sinodo, riguardanti i vari ambiti della vita, e ad individuare – con l’aiuto degli strumenti preparati dalle rispettive Commissioni sinodali – le risposte da dare a questi problemi, nonché a proporre le indicazioni operative, per una adeguata evangelizzazione dei vari ambiti di vita. Durante il terzo anno i sinodali si riuniranno in successive assemblee diocesane, per esaminare e votare gli orientamenti e le indicazioni sinodali, relative ai vari ambiti di vita. Al termine di queste Assemblee, le Commissioni sinodali consegneranno all’Arcivescovo anche questi orientamenti pastorali e queste indicazioni operative. L’Arcivescovo provvederà a pubblicarle nel Libro delle Costituzioni sinodali.
9. Partecipanti al Sinodo
Il Sinodo vuole promuovere un ascolto attento e un dialogo aperto tra tutti gli uomini e le donne di buona volontà – credenti e non credenti – che operano nei diversi ambiti della vita. Gli incontri avverranno a tre livelli: in parrocchia, nelle zone pastorali, in diocesi.
- In parrocchia. Agli incontri sinodali che si terranno nelle parrocchie sono chiamati a partecipare tutti i cristiani, credenti e non credenti, praticanti e non praticanti, soprattutto i giovani, le coppie di sposi, gli operatori pastorali, i membri delle aggregazioni ecclesiali.
- Nelle zone pastorali. Alle assemblee zonali parteciperà un numero adeguato di persone, rappresentanti degli operatori pastorali e dei vari gruppi di persone che si sono incontrati nelle parrocchie.
- In diocesi. Alle assemblee diocesane parteciperanno i rappresentanti eletti da ciascuna parrocchia, in base ai criteri che saranno dati dalla Commissione centrale.
La Commissione preparatoria del Sinodo specificherà:
a) Chi coinvolgere nel cammino sinodale;
b) Che cosa dire nel tempo di preparazione al Sinodo;
c) Che cosa fare per informare e coinvolgere tutti nel cammino sinodale in parrocchia, nelle zone pastorali, in diocesi.
10. Informazione e preghiera
Il Vescovo con l’aiuto dei presbiteri e dei diaconi offre ai fedeli una buona informazione sull’importanza del Sinodo nella vita della Chiesa e delle sue istituzioni. Già la presente lettera è una informazione, ma è necessario diffonderla in modo adeguato e accessibile a tutti. Con l’informazione si rende indispensabile la preghiera per il Sinodo. Una preghiera formale è affidata dal Vescovo.
11. Celebrazione del Sinodo
Il senso della comunione dell’assemblea sinodale si esprime soprattutto nelle celebrazioni liturgiche, in modo particolare nell’Eucaristia. A tali celebrazioni, che costituiscono quasi l’elemento centrale del Sinodo, devono partecipare non solo i sinodali, ma anche il maggior numero possibile dei fedeli. Luogo delle celebrazioni liturgiche è la Cattedrale di Trani. Gli studi e le discussioni sugli schemi proposti spettano ai membri del Sinodo, sotto l’attiva presenza del Vescovo.
Tutti coloro che fruiscono del diritto, partecipano attivamente alle adunanze, secondo le norme date nel Regolamento per il retto e ordinato svolgersi delle sezioni. È data ampia e libera facoltà di esprimere il proprio parere a tutti i singoli partecipanti al Sinodo, qualora lo richiedessero, secondo le norme stabilite nel Regolamento.
Le conclusioni vengono tratte dal Vescovo in base ai pareri delle Commissioni e dei gruppi di studio, e quindi redatte in forma di legge; lui solo, infatti, è in grado di dar loro la forza di legge o di decreto. Spetta ancora al Vescovo, se lo ritiene opportuno, definire la forza giuridica dei decreti e delle prescrizioni sinodali. Spetta pure al Vescovo promulgare gli atti sinodali e stabilire il tempo e il modo nei quali tali costituzioni cominceranno ad aver valore (cfr. Direttorio del ministero pastorale dei Vescovi, 1973, n. 165).
IV. Esortazione
Carissimi,
il Sinodo Diocesano si presenta come momento favorevole, come tempo forte per apprendere l’umile arte di sentire in Ecclesia et cum Ecclesia, che è la forma più alta e più concreta di profezia (cfr. 1Cor 14,1-5). Il santo coraggio della profezia, che richiede con la prudenza l’audacia, è disponibilità a camminare in cordata, tenendo viva la speranza (cfr. Rm 15,4). La profezia è capacità di abbandonarsi alla fedeltà di Dio, con lo stesso atteggiamento di Abramo, quando ormai vecchio e sfiduciato viene spinto dal Signore a camminare verso il futuro con speranza: Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle (Gen 15,5). La profezia non conosce né la navigazione sottocosta della nostalgia, né la deriva dell’utopia, ma il mare aperto dell’ascolto della Parola, che consente di discernere i segni dei tempi e di compiere scelte pastorali organiche, concrete e praticabili.
Quella sinodale è una stagione che chiede di essere vissuta con speranza ma senza illusioni, con audacia ma senza vertigini, ossia con animo fiducioso e attento alle sorprese dell’amore di Dio. Questa disponibilità in attesa traccia la direttrice del cammino sinodale, che va compiuto con entusiasmo sincero, guardando con serenità al passato e con fiducia al futuro, applicando alla vita pastorale il criterio di riforma del rinnovamento nella continuità, che consiste nell’estrarre nova et vetera dal tesoro della tradizione ecclesiale (cfr. Mt 13,52), senza versare il vino nuovo in otri vecchi, per non perdere il vino e per non spaccare gli otri (cfr. Lc 5,37-39). Se la passione per gli otri vecchi non può spegnere la sete del vino nuovo, l’aroma del vino nuovo non può far dimenticare il valore degli otri antichi!
Cogliere l’azione dello Spirito santo, che fa nuove tutte le cose. Questo è il mandato affidato all’assemblea sinodale, chiamata a presentare le lettere credenziali della lungimiranza e della concretezza pastorale. Illuminante, al riguardo, è il consiglio dato da un Padre del deserto ad un giovane discepolo che, prima di fare una scelta, aspettava di avere in mano tutti gli elementi: Intanto fai la scelta per quel che hai capito oggi, e domani capirai qualcosa di più. Si tratta di un consiglio prezioso che, senza caricare l’assemblea sinodale di attese eccessive, non la dispensa dal delicato compito di interpretare quello che lo Spirito dice oggi alla Chiesa. E la volontà del Signore non è necessariamente quella espressa dalla prevalenza dei consensi, è invece una meta a cui tendere incessantemente, applicando questa regola pastorale: Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono (1Ts 5,19-21).
Viviamo l’evento del Sinodo diocesano in comunione di intenti, perché cresciamo in Cristo, sotto l’azione dello Spirito Santo, come Chiesa mistero di comunione e missione. Il nostro tempo ci sfida nella fede in Cristo attraverso fenomeni aberranti quali ad esempio il secolarismo, il relativismo, il materialismo, l’indifferenza religiosa.
Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha aperto una stagione di speranza a partire dal rinnovamento interiore di tutti i cristiani. Detto rinnovamento o conversione passa attraverso la Parola di Dio (Dei Verbum e Verbum Domini), la divina liturgia (Sacrosanctum Concilium); la spiritualità di comunione della Chiesa (Lumen gentium). E si esprime nel dialogo col mondo contemporaneo (Gaudium et spes); nella missionarietà della Chiesa (Ad gentes); attraverso l’impegno dei vescovi (Christus Dominus e Pastores gregis); l’impegno dei presbiteri (Presbiterorum ordinis e Pastores dabo vobis); l’impegno dei laici (Apostolicam actuositatem e Christifideles laici); l’impegno delle persone di vita consacrata (Perfectae caritatis e Vita consecrata). Nei campi della comunicazione (Inter mirifica – mezzi di comunicazione sociale e cultura), dell’ecumenismo (Unitatis redintegratio) e dialogo interreligioso (Nostra aetate), nell’educazione cristiana (Gravissimum educationis), nel rispetto della libertà religiosa (Dignitatis humanae).
All’interno della Chiesa e sino ai confini della Terra è necessario promuovere la nuova evangelizzazione avendo presente la Parola di Dio ed il magistero della Chiesa racchiuso nel Catechismo della Chiesa Cattolica e nella dottrina sociale della Chiesa. A distanza di 50 anni dall’inizio del Concilio dobbiamo interrogarci se lo Spirito del Vaticano II vivifica la nostra azione pastorale a vantaggio del Regno di Dio.
Il Sinodo diocesano, se vissuto nella grazia di Dio sotto l’azione dello Spirito Santo, certamente rafforzerà l’unità e la comunione ecclesiale della nostra Chiesa diocesana aprendoci al mondo per essere come Gesù Cristo ci vuole sua presenza salvante di tutto il genere umano.
Nel lavoro sinodale ci assista Maria, madre di Cristo e della Chiesa; intercedano per noi i Santi Patroni dell’Arcidiocesi e di tutte le parrocchie che la compongono sui territori di Trani, Barletta, Bisceglie, Corato, Margherita di Savoia, San Ferdinando di Puglia, Trinitapoli.
Con affetto paterno e fraterno vi benedico, augurandovi buon cammino sinodale.
Trani, 10 aprile 2012
+ Giovan Battista Pichierri
arcivescovo
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